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17 marzo 2020
Lettere da un paese chiuso 24
L’unità d’Italia (niente racconti, stavolta).
Non festeggiamo le feste comandate, figurarsi quelle che avevamo già dimenticato. Oggi, 17 marzo, è la festa dell’Unità d’Italia, della Costituzione, dell’inno e della bandiera. Ho pensato di scrivere (senza montarmi la testa e senza ricevuta di ritorno, si sa) dal paese chiuso una letterina aperta al Presidente del Consiglio:
Signor Presidente, senza polemiche perché il Decreto salva-Italia va bene, e il Paese deve essere unito per vincere questa prova. Ma ci sono alcune domande terra terra che mi premono, domande che nell’intervista apparsa ieri sul Corriere della Sera non Le sono state fatte:
“Perché non fate tamponi a tutti ? Mancano i tamponi, costano troppo ? Non c’è personale per farlo ? O è inutile fare come hanno fatto a Vo Euganeo, dove, certo, è stato più facile controllare il paese a tappeto.
Perché non dispone di autorità che qualche fabbrica italiana cominci a produrre respiratori ? Ci vuole tempo, ma ci si può arrivare, e purtroppo serviranno ancora. Non è facile farlo ? Allora perché il vituperato Boris Johnson lo ha fatto, ordinando alla Rolls Royce e alla JBC di farlo ?
Lei ha fatto un messaggio via Facebook, ma giustamente immagino non ci passi le ore, come faccio io. E forse non vede le offerte: è una borsa nera delle mascherine. Ci avete detto che non servivano e adesso servono. Ci stanno speculando sopra, vendono panni per la polvere a caro prezzo: le mascherine. Perché Lei, il Commissario all’ Emergenza, il capo della Protezione Civile, qualcuno non fa un decreto di sequestro manu militari di tutte le mascherine nei depositi, presso i corrieri, ovunque. La Guardia di Finanza le recupera, le stocca per utilità (medici e infermieri, malati, cittadini qualunque) e le distribuisce gratuitamente ?
Lei è il Presidente del Consiglio di una Repubblica che oggi festeggia la sua unità, ma quando parla di “picco che deve ancora arrivare” sta parlando alla Lombardia, dove è incominciato un mese fa, e forse il picco sarà tra una o due settimane, o alla Puglia e al sud dove stanno come noi stavamo un mese fa ? Perché mettere in guardia noi, il peggio non è passato è giusto, ma illudere il sud che è questione di pochi giorni è controproducente.
Perché andate avanti a quindicine…scuole, limitazioni…quando gli esperti dicono che ci vorrà molto più tempo ? Sapere che dovrai tenere chiusa la tua attività per due mesi, o continuarla per due mesi in condizioni difficili, o continuare a stare in casa per due mesi, è diverso dal pensare che in poco tempo di risolve. Grazie, mi scusi, prendo fiato. Ho il respiro corto per patologie pregresse”.
Siamo arrivati impreparati all’emergenza, al paziente uno. Abbiamo affrontato la sfida come in un’altalena, andando avanti e indietro tra paura dell’allarmismo e rimbrotti a quelli che non hanno capito l’allarme. A me sembra che un classe politica alla testa di un paese chiamato a questa prova avrebbe il dovere di essere chiara. Ho letto il discorso di Boris Johnson, non era quel saggio di nazismo che ci ha raccontato l’informazione italiana, come a dire, guardate dobbiamo essere contenti del nostro governo, c’è chi fa di peggio. Quella inglese è una strategia diversa, che a me pare discutibile, ma è una strategia, e forse non così folle se è vero che Covid 19 potrebbe durare un anno. A me pare che noi non ne abbiamo strategia, che andiamo avanti a improvvisazione, a volte buona a volte meno. Vi ricordate come sono andate le cose ? Il 1 gennaio la Cina chiude il mercato di Wuhan. Il 9 gennaio c’è la prima vittima in Cina. Il 22 gennaio mettono in quarantena la città di Wuhan. E’ più che probabile che in quei giorni il virus fosse già tra di noi. Guardavamo quei servizi televisivi con la curiosità distante con la quale si guarda a un fatto esotico. Litigavamo per le foibe e per la prescrizione. Lamentavamo il caos libico, contavamo gli sbarchi e le sardine. Discutevamo del processo a Salvini e delle elezioni emiliane. Forse anche al ministero della Sanità erano impegnati a discutere di questo. Di certo la Farnesina si è impegnata per andare a prendere i poveri italiani di Wuhan. Il 2 febbraio, due giorni dopo che era stato chiuso il traffico aereo con la Cina. Mossa azzardata dal punto di vista sanitario, utile per presentare la cosa esattamente come quando si presenta all’opinione pubblica la liberazione di un ostaggio. Sarei curioso di vedere quegli inseguiti dall’emergenza, fatta la quarantena a Pratica di Mare, adesso in un’ altra quarantena nelle loro case, mentre a Wuhan l’emergenza sta scemando. Allora: che non capissi io, cittadino, che il pericolo era tra noi, può essere. Che non lo aveste preventivato voi, il contagio, che non aveste pianificato un’emergenza, che non abbiate contato posti di terapia intensiva e respiratori, mascherine e misure, questo è da sprovveduti. C’era tempo: dal 2 febbraio al 21 febbraio del paziente numero 1: quasi tre settimane. In nome dell’unità nazionale voglio sorvolare sulle preoccupazioni per il razzismo, voglio sorvolare sull’ansia di ripartire subito, salvo poi rimproverare quelli che saltano su un treno o i ragazzi che prendono l’aperitivo quando cambiate idea.
“Eccomi, Presidente, anche se ho più critiche che domande. Lei mi può far notare, presidente, che anche l’opposizione ha ondeggiato tra il tutto aperto e il tutto chiuso. Qui Lei ha ragione, ma io sto facendo tifo per l’Italia, non per l’opposizione e anzi penso che l’opposizione dovrebbe stare dietro di lei, per evitare che Lei faccia passi indietro. E avere la pazienza di stare fuori dalla campagna elettorale: i conti si faranno alla fine.
Lei parla di rilancio dell’economia, dopo. E se uno pensasse che sarà peggio: che migliaia di imprese ed esercizi commerciali e partite IVA chiuderanno, e che per dar tempo per vedere nuova economia che su quelle ceneri costruisca il telelavoro, sopperisca alle necessità della salute pubblica, se uno pensasse questo, sbaglia ? E allora perché adoperare il termine gentile di “rilancio” ? Perché non dire che dovremo affrontare una ricostruzione, come fecero i nostri nonni e i nostri padri dopo la guerra: ragazzi, tiriamoci su le maniche ? C’è il timore che siamo un popolo di bamboccioni o c’ é l’ottimismo che non andrà così o semplicemente si vive sulle settimane, sull’elezione del nuovo presidente della Repubblica e della campagna elettorale che vi appassiona ? Insomma , per non essere sprovveduti di professione, per non essere sempre presi alla sprovvista, vorrei che parlaste chiaro. Ditecelo: lacrime e sangue, altro che quindici giorni, altro che settimane decisive, e poi c’è il giorno nuovo, la Pasqua ... Ditecelo: guardate che salta l’estate, non verranno turisti. Basta saperlo che cambia tutto, o avete paura di farci paura, di dire cose sgradevoli. Non siate in campagna elettorale, anche voi. Ditecelo: guardate che se riusciamo a distendere l’onda, farla diventare una marea e non uno tsunami, poi dovremo guardarci dagli altri paesi che, per caso o per fortuna, ci sono arrivati dopo. E se non lo si sa, diteci: non sappiamo, non è vergogna. Parlare chiaro alla gente è compito dei leader, nei momenti difficili. Boris Johnson ha parlato chiaro. Può non piacerci, possiamo ritenere folli i concerti e le maratone affollate e i college aperti, ma non gli si può imputare reticenza, e dire con un po’ di sussiego, come ha fatto Lei, signor primo ministro che la Francia e la Spagna stanno prendendo a modello l’Italia.
Voglio ricordarLe che il 21 febbraio l’on. Giorgia Meloni – io sono antifascista, ma non smemorato, presidente – le chiese di imporre la quarantena a chi veniva dall’estero. Sbagliava di grosso, l’ on. Meloni, perché il virus circolava già da un po’ in mezzo a noi. Sa cosa rispose, Lei, con quel suo italiano da tribunale ? “Così si alimentano inutili allarmismi. La possibilità di diffusione del virus in Italia è pressochè remota”.
Ma dimentichiamo, le misure sono arrivate, tardi, ma sono arrivate. Certe volte sembrano più fermi i governatori (Fontana, Zaia, Bonaccini, De Luca, Emiliano, Musumeci che ha fermato i ferry boat) che palazzo Chigi. Ma il modello italiano non è un modello: è o la vita o la morte, spalle al muro. Siamo stati imitati dagli altri nei ritardi: è un mal comune mezzo gaudio, che non è una gran consolazione. Capisco che bisogna stare attenti a non seminare il panico a non fa correre la gente a svuotare i conti, a riempire le cantine. Il panico lo crea l’improvvisazione. Si possono comunicare le cose con calma, serenità e severità. I medici qui, l’hanno chiamata la “battaglia di Milano” e sta per cominciare, non è alle spalle. Il sindaco Sala ha detto : “Se il virus sfonda qui, va in crisi il sistema sanitario”. Quello di Bergamo, Giorgio Gori: “Anche il forno crematorio non riesce a fronteggiare l’emergenza”. Non sono sindaci dell’opposizione, non si preoccupi. Non si preoccupi di Renzi o di Salvini, o della Meloni: si occupi di noi meglio di quanto ha fatto finora. Ci basta sapere, e noi italiani siamo abituati a essere guidati male, e a cavarcela lo stesso. Con rispetto, La ringrazio”.
Mi sono dimenticato di citare Churchill anch’io, ma a modo mio, scrivendogli che il governo e l’opposizione, in questo unite come classe politica, sono andati all’emergenza come a una campagna elettorale, e vanno alle campagne elettorali come fossero emergenze.
Lo sappiamo che non è unito, il paese, quanto a sanità. E’ unito quanto a confusione, sì. Adesso ci dicono che le scarpe indossate per quelle poche centinaia di metri che percorriamo ogni giorno vanno lasciate fuori dalla porta, e così – leggo – anche i vestiti e uno si immagina i pianerottoli come spogliatoi degli stadi, quelli in cui entrano le telecamere prima delle partite. Che cosa gli costa al ministro della Sanità venir in televisione, come era corso quando c’era da fare le foto con la ricercatrici, e dirci come stanno le cose, o dirci non sappiamo sappiamo solo che è contagiosissimo, stiamo studiando e lavorando a cantiere aperto ? La sanità al centro nord è una cosa, al sud è un’altra. Di chi la colpa ? Di una riforma che ha detto: ognuno per conto suo. Le regioni virtuose ci hanno guadagnato, quelle in cui lo sperpero e il clientelismo era la regola, sono sprofondate. Il cittadino del sud paga le tasse e finanzia la sanità come tutti, ma in cambio ha una sanità più che modesta. Allora va a curarsi al nord. Il nord lo cura e incassa dalla sanità regionale della regione di provenienza. Dalla sola Sicilia mi pare siano cinquantamila viaggi della speranza all’anno. E adesso ? La Sicilia ha 200 posti letto in terapia intensiva. La Calabria 100. Una sola provincia è indenne: Isernia, benedetta dal suo isolamento molisano. Ma l’onda del contagio è già arrivata: su ventimila persone scese in Puglia che si sono dichiarate, nessun asintomatico ? Tra le altre diecimila che non si sono neppure dichiarate nessun caso ? Tutti immuni come i cinesi di via Sarpi o di Prato ? C’è solo da sperare che vada bene. Però non parlate di picco che sta per venire. Il sud è ai blocchi di partenza, come contagio. Preghiamo che sia una falsa partenza. Che la Lombardia e il Veneto, e l’Emilia e le Marche reggano l’urto, e il sud debba solo aiutare il nord: due intubati sono stati trasferiti da Bergamo a Palermo. Allora, quando un giorno che non sappiamo torneremo a giocare a calcio, nessuno invocherà più il Vesuvio, saremo altra gente. Forse.